VOTIVA

PER GRAZIA RICEVUTA

Autore: Francesca Rachele Oppedisano

Votiva a cura di Laura Perrone e Flaminia Bonino, con la direzione artistica di Giovanni Lamorgese, nasce da un’idea del sindaco di Parabita Stefano Prete e si inserisce nell’ambito del progetto a lungo termine Parabita per il contemporaneo con cui il comune si impegna a esplorare nuovi modi e opportunità per porre in dialogo l’arte contemporanea con il ricco patrimonio paesaggistico, storico e culturale del luogo.

Dalla scorsa primavera nell’antica cittadina di Parabita alcune edicole votive in disuso disseminate lungo le vie del paese, assieme ad altre create ex novo, accolgono sedici opere d’arte contemporanea firmate da artisti di portata internazionale. Si è trattato di una operazione che ha richiesto una notevole spregiudicatezza da parte dell’amministrazione comunale in quanto le edicole, originariamente preposte ad accogliere immagini sacre, rappresentano il »tratto distintivo del paesaggio architettonico del borgo«, ancora oggi simbolo della »spiritualità popolare«, come sottolineano le curatrici Laura Perrone e Flaminia Bonino.

Parabita è un borgo di origine messapica di circa novemila abitanti situato a pochi chilometri di distanza dallo splendido litorale di Gallipoli sul mar Ionio, in quella parte del sud d’Italia che più sporge a oriente, nel sud del sud delle puglie, nell’antica Terra d’Otranto, in un territorio, il Salento, che ha conosciuto influenze greche, bizantine e dato corso a istanze formali rinascimentali e tardobarocche. In questa parte di Puglia, nella provincia di Lecce, al di là delle manifestazioni più eclatanti marcate dal tratto distintivo del regionalismo e caratterizzate dalla riattivazione in chiave contemporanea delle antiche tradizioni popolari, di cui la pizzica e il tarantismo sono solo i sintomi più noti, esistono realtà culturali che lavorano in sottotraccia e in stretta collaborazione con artisti, ricercatori e studiosi provenienti da tutto il mondo. Agenti di cambiamento sociale, realtà come la Fondazione Lac o Le Mon, centro di sperimentazione e formazione artistica nato nel 2015 a San Cesario di Lecce per iniziativa degli artisti Emilio Fantin, Luigi Negro, Giancarlo Norese, Cesare Pietroiusti e Luigi Presicce, e Studio Concreto fondato nel 2018 da Luca Coclite e Laura Perrone, operano da anni con progetti dinamici, perimetrali e oltreconfine, basati sul coinvolgimento delle comunità. Fatte salve le succitate pratiche artistiche, la semplice ricaduta oggettuale di una produzione artistica in un contesto pubblico, urbano o paesaggistico, spesso si riduce a mero segno ornativo, e qui come in altre parti d’Italia, rischia spesso di sembrare un atto di colonizzazione culturale. Sebbene realizzate con finanziamenti pubblici, tali opere non sono quasi mai il risultato di un processo di condivisione progettuale, quanto piuttosto della volontà strategica da parte delle amministrazioni, come scrive Francesca Guerisoli, di «incentivare processi di recupero urbano e sviluppo turistico» attraverso la produzione di opere d’arte pubblica. Tuttavia, dalla fine del secolo scorso si assiste in Italia »al proliferare di un’arte che entra nel vivo dell’ambiente sociale…, si tratta di operazioni definite socially-oriented, che utilizzano forme del vivere sociale come modo per portare l’arte più vicina alla vita quotidiana«.

Qui nel Sud d’Italia il quotidiano commercio del vivere comune non ha mai smesso di coincidere con la più sottile sfera spirituale del trascendente e quando iniziative di socially-engaged art, per dirla con le parole di Claire Bishop, si innestano all’interno di tali complessità socioculturali si manifestano fenomeni interessanti come Votiva.

Quotidianità e trascendenza

Qui nel Sud d’Italia il quotidiano commercio del vivere comune non ha mai smesso di coincidere con la più sottile sfera spirituale del trascendente e quando iniziative di socially-engaged art, per dirla con le parole di Claire Bishop, si innestano all’interno di tali complessità socioculturali si manifestano fenomeni interessanti come Votiva.

Fin dall’antichità tra i greci e tra i romani nei luoghi in cui era si era manifestato un evento prodigioso, in corrispondenza delle mura domestiche, come nei crocevia, venivano posti dei piccoli tempietti. 

Nel passaggio dal culto pagano a quello cristiano, custodi di immagini legate al culto della Vergine e dei Santi particolarmente cari al luogo diventano le cosiddette edicole votive, piccole nicchie urbane o paesaggistiche che riunendo la comunità in preghiera, come raccontano le curatrici, si trasformano in luogo di aggregazione sociale:

La presenza capillare di edicole sacre a Parabita restituisce la vivacità della ritualità popolare che si esprimeva in occasione delle festività collegate ai culti dei Santi…, ornare queste piccole cappelle era un compito condiviso e una consuetudine, come tante altre attività tipiche delle piccole comunità. Ancor oggi le edicole svolgono un’altra importantissima funzione, quella di ex voto: manifestazione sensibile di una guarigione miracolosa, di uno scampato pericolo o dell’esaudimento di un desiderio di cui si attribuisce il merito ad un intervento extraumano.   

È così che in Vico San Salvatore si incontra l’opera Miracolo senza titolo dell’artista salentino Luigi Presicce (1976, Porto Cesareo). Circondata da una mandorla di conchiglie di San Giacomo, »simbolo dei pellegrini che compiono il cammino di Santiago de Compostela«, una mano in ceramica smaltata blu di Prussia con il palmo rivolto verso l’esterno, serba, mostrandoli, alcuni denti, sintomatici di antichi timori infantili. È un viandante anche la statuetta che abita l’edicola votiva in via Dottor Gaetano Cataldi, perfetta riproduzione in rame di un ex-voto ligneo del 50 a.C. ad opera di Namsal Siedlecki (1986, Greenfield, USA). La piccola statuetta a contatto con l’ossigeno è destinata ad ossidarsi nel tempo senza tuttavia alterare la propria sostanza materica alludendo ad una sorta cristologica transustanziazione. Anche figura de nudo, l’opera dell’artista newyorkese ektor garcia (1985, Red Bluff, USA), nel suo intreccio antropomorfico, annoda un corpo alla maniera marinara rimandando per associazione ad una serie di simbologie legate all’inestricabile rapporto tra l’essere umano e il divino, tra nodo gordiano e nodo di Salomone. Idea sublimata nell’edicola di Via San Pasquale, Deposition c. (vii) di K.R.M. Mooney (1990, Seattle, USA), versione finemente metallurgica del corpo del Cristo adagiato su un osso di seppia, una delle sostanze organiche di cui si compone la pietra leccese, un misto di rocce calcaree ed elementi di origine organica e materia marina di cui sono fatte le chiese edificate in Salento tra la metà del Cinquecento e il Settecento. Passando dai simboli della passione cristologica a quelli della sofferenza mariana si incontra in Via Bartolomeo Ravenna 46 l’Addolorata di Giovanni Lamorgese, l’opera madre, archetipo dell’intero progetto.

Alloggiando i frammenti di una delicata Madonna maiolicata nella nicchia posta sulle mura del proprio studio parabitano, l’artista designer ha suggerito al sindaco l’idea di replicare la medesima istanza rigenerativa nelle edicole abbandonate. Muovendo di questo passo, alzando lo sguardo lungo la salitella di Vico Principessa Giovanna si incontra l’Annunciazione di Chiara Camoni (1974, Piacenza). Questa favolistica Annunciazione in terracotta galestro restituisce con l’occhio fanciullesco dell’anziana nonna dell’artista, sua collaboratrice per la serie Capolavori di cui le sculture sono parte, l’Annunciazione di Beato Angelico trasfigurata in »un cappuccetto rosso e un lupo«. Compito#20 di Adrian Paci (1969, Scutari, Albania), realizzato per l’edicola di Via Vittorio Veneto è un esemplare della serie di lavori grafici che l’artista ha creato riproducendo i misteriosi segni tracciati da Maurizio sul suo diario conosciuto durante un workshop per persone fragili presso la comunità di Sant’Egidio a Tor Bella Monaca, quartiere periferico di Roma, qui riproposti su una stele di ceramica come enigmi ancora tutti da decifrare. Gioca con il desiderio in via Coltura il collettivo italo britannico Claire Fontaine, fondato a Parigi nel 2004 da James Thornhill e Fulvia Carnevale, noto per aver ispirato con la loro opera Stranieri Ovunque il titolo della Sessantesima Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia. In Wishing Painting (Votiva) alcuni nichelini si dispongono stellati su una superficie blu, volta celeste e suo rovescio acquatico, le monetine alludono forse ai tanti desideri espressi dai viandanti, tanti quanti sono gli astri trapuntati nel cielo notturno, ma il desiderio, si sa, nasce nell’etimo da un cielo senza stelle-guida, e dunque, forse, tanti piccoli atti privati di dismissione sacrale, per tante grazie mai ricevute.

Rifugge pittorica, scorrendo in proiezione, come un’ombra di luce, all’infinito, Dell’arte…. L’oro, l’opera di Gianni Dessì (1955, Roma), »poco più su dell’orizzontalità dello sguardo« in via Andrea Giannelli, tre figure in »progressione generativa« alludono, con le parole dell’artista al »mondo che si apre al senso«.

Per concludere, lascio al lettore intraprendente il piacere di scoprire dal vivo, aiutandosi con la preziosa mappa offerta dal comune e messa a punto dalle curatrici, le opere non citate nel presente articolo di Francesco Arena (1978, Torre Santa Susanna), Ludovica Carbotta (1982, Torino), Helena Hladilová (1983, Kroměříž, Repubblica Ceca), Felice Levini (1956, Roma), Claudia Losi (1971, Piacenza), Liliana Moro (1961, Milano), Mimmo Paladino (1948, Paduli), Michelangelo Pistoletto (1933, Biella). Con Votiva la comunità del luogo, le curatrici e gli artisti sono riusciti a riattivare in chiave contemporanea l’antico potere trascendentale delle immagini, che consiste dei racconti autobiografici di ciascun artista, delle fiabe, delle leggende e dei misteri scolari, ma soprattutto della grazia che è la vita stessa ricevuta in dono come opera d’arte passeggiando tra i ›vichi‹ di questo borgo antico.

Intervista con le curatrici, Laura Perrone e Flaminia Bonino:

FRO: Da quale spinta culturale nasce il progetto? 

FB-LP: Votiva nasce dalla consapevolezza di un’eredità significativa, quella delle edicole votive, e dall’intuizione di poter innescare attraverso l’arte contemporanea un processo in grado di andare oltre i concetti legati alla sfera della conservazione, della valorizzazione e della tutela, mettendo in atto un’azione trasversale capace di coniugare queste azioni con riflessioni e pratiche inedite. Il Sindaco di Parabita, Stefano Prete, committente e ideatore dell’iniziativa, fa spesso riferimento alla parola poiesis dal greco »fare dal nulla«. Per un sindaco del Mezzogiorno significa saper mettere insieme creatività e sfida volte a rimediare le tante assenze del Sud Italia. Così nasce Votiva, che sembra appartenere da sempre a questa terra.

FRO: Durante le fasi preliminari di discussione e impostazione del progetto vi sarete certamente subito persuase della necessità di coinvolgere gli abitanti del borgo che in fondo avete investito di un compito, quello del prendersi cura delle edicole. Che tipo di accoglienza avete riscontrato e cosa avete scoperto attraverso i loro racconti?  

FB-LP: La presenza capillare di edicole sacre a Parabita restituisce la vivacità della ritualità popolare, in gran parte scomparsa, che si esprimeva in occasione delle festività collegate ai culti dei Santi, che abbiamo parzialmente ricostruito, oltre che attraverso le testimonianze dirette, grazie a una ricerca del 1992 di una classe di giovanissimi parabitani. La riflessione attorno a questi fenomeni ha generato il proposito di riattivare la funzione sociale dell’edicola quale punto di aggregazione e riferimento, ma anche come catalizzatore dei valori di comunità, di vicinanza e di cura del bene comune.

FRO: Per quanto riguarda gli artisti, invece, quale è stato il criterio che vi ha guidato nel formulare gli inviti? Ci sono nomi importanti, artisti la cui pratica sconfina spesso oltre gli spazi convenzionali delle gallerie e dei musei, dialogando con il territorio, con la natura, o che abitano in modo anti convenzionale ambienti urbani o architettonici, e artisti la cui pratica è esplicitamente una questione politica, sociale, antropologica.

FB-LP: La collezione pubblica è frutto della necessità di trovare una coerenza nella relazione tra luogo, comunità e opera d’arte: la ritualità del gesto, il segno, la dimensione temporale, sono elementi centrali nelle ricerche di molti degli artisti coinvolti nel progetto. Sono diversi i lavori che ci invitano a esercitare la lettura di quel contesto di sapienza antica che abbiamo perduto, disorientando le nostre capacità di osservazione, di ascolto e di trasformazione. Altri, come dei laici ex-voto, ci rimandano alla sfera del corpo sensibile, alle sue capacità generative, invitando a ricercare nuove particolari forme di completezza.

FRO: Si è trattato ri-riconvertire delle antiche edicole votive in disuso e, in alcuni casi, di aprirne delle nuove andando a »sconvolgere« l’antico assetto tradizionale dell’iconografia votiva incidendo una spaccatura simbolica con il passato e le tradizioni che qui al sud sono ancora molto sentite e praticate. In questo non banale processo di rimozione, recupero, rielaborazione e valorizzazione, quanto, secondo voi, dell’antico senso religioso viene mantenuto e quanto ripensato secondo una visione svincolata dai dogmi o dalla fede religiosa?

FB-LP: Con Votiva l’opera si dissolve nella vita, è attivatrice di senso e dispositivo di dialogo in grado di declinare in molteplici forme i discorsi e i processi necessari alla crescita individuale, ma anche al rafforzamento delle relazioni così come delle possibilità di aggregazione della comunità, proprio come avveniva per simulacri oggetti del culto che abitavano o che tuttora abitano le edicole votive della città.

FRO: Dal punto di vista squisitamente spaziale, quanti artisti si sono sentiti a proprio agio nell’abitare l’edicola e quanti invece hanno sentito la necessità di sconfinare, sia progettualmente che concettualmente?

FB-LP: Confrontarsi con un modulo architettonico minimo così fortemente caratterizzato ha significato per la maggior parte degli artisti contribuire attraverso un’opera realizzata appositamente per il progetto. Ognuno di loro ha avviato un suo particolare dialogo con il luogo, con il formato e la connotazione socio-culturale del progetto.

FRO: Provenite entrambe da una lunga esperienza sul campo, avete curato e organizzato mostre di ampio respiro e richiamo internazionale esponendo opere di grandi maestri come di giovani emergenti. Sul piano organizzativo, operazioni di tale complessità, che non godono degli ambienti protetti del museo e della galleria, sono una specie di banco di prova per testare il proprio savoir-faire professionale e, aggiungerei, anche la propria tenuta interiore nel voler perseguire gli obiettivi prefissati. Non è la prima volta che lavorate assieme, come descrivereste la vostra collaborazione in questo caso così particolare?

FB-LP: come due parti complementari di un unico organismo.

FRO: Per far conoscere le opere degli artisti di Votiva organizzate tour guidati, avete in cantiere anche una audioguida?

FB-LP: L'accessibilità e la cura delle opere nel tempo è la reale sfida di questo progetto. Abbiamo lavorato fin da subito per dotare Votiva di una sua propria autonomia. Oltre alle reti create con le scuole e con le associazioni territoriali, è stato disegnato un dispositivo per la geolocalizzazione con approfondimenti sugli artisti e sulle opere. I visitatori che avranno voglia di usufruire di questa applicazione mobile avranno l’occasione di essere guidati da un’autorevole voce narrante tra le 16 edicole di Votiva. 

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